Mia madre e l’Oriana avevano la stessa età. Erano nate nel 1929 e ricordavano bene — con passione — i due anni fatali: settembre 1943 e aprile 1945, gli anni della guerra di liberazione. Oriana era a Firenze, mia madre sponda piemontese del Lago Maggiore. La guerra e le sue brutture lasciarono un segno permanente nelle loro vite: seppero subito cosa fosse la causa della democrazia! Nel dopoguerra furono entrambe attivissime: magnifiche sostenitrici del voto alle donne, anche se non avevano ancora ventun anni e non poterono votare. E, inutile dirlo, furono instancabili propagandiste per la Repubblica al referendum del 2 giugno.
Condividevano un mondo morale. I tre principi, tre postulati in realtà, su cui mia madre costruì la geometria della mia educazione, emergono con nettezza già in Penelope alla guerra: l’indipendenza attraverso il lavoro, la lealtà verso il prossimo e verso l’uomo scelto come compagno di vita, l’impegno tenace, perché lavorare e accudire una famiglia è difficile, ma proprio per questo è una sfida appassionante.
Ebbene la Penelope di questo racconto si chiama Giovanna — ma naturalmente preferisce Gio. È una ragazza che lavora con grande impegno, in un ambito caratteristico della modernità: il cinema! scrive soggetti e sceneggiature per il cinema. Gio guadagna bene, è indipendente e assorbita dal suo lavoro e disprezza l’ipocrisia, come si vede nello scontro frontale con la madre di Richard, Florence, un’autentica suocera gelosa, per di più cattiva. Ma andiamo con ordine. L’infografica qui di lato vi aiuterà.
Penelope alla guerra è un romanzo storico
Il luogo e il tempo non sono in questa storia un mero fondale. Soltanto nel mondo industriale (e NewYork ne è la rappresentazione antonomastica) si può immaginare una storia femminile di indipendenza. Fallaci scrive cioè un romanzo storico, una storia in cui le azioni e i pensieri dei personaggi non potrebbero esistere al di fuori di quel periodo storico. Anzi un romanzo storico riuscito è quello in cui azioni e pensieri dei personaggi fanno comprendere bene un’epoca proprio per l’efficacia comunicativa della narrazione.
Solo nel mondo industriale prende vita l’idea dell’individuo come portatore di diritti personali di libertà, indipendentemente da classe sociale, credenza religiosa, e … genere! Un’idea davvero unica, se confrontata con la posizione delle donne fuori dal mondo occidentale. La nostra è un’idea davvero singolare: le donne hanno diritto alla libertà personale, a lavorare come mezzo di affrancamento, a studiare, a sposare chi vogliono, a vestirsi come credono, … Non è così dappertutto nel mondo.
E non era così nemmeno da noi ancora nel XX secolo! Dunque è chiaro che questa storia non poteva essere ambientata che dove Fallaci l’ha immaginata. E si capisce perché nella seconda metà del XX secolo: è da quel tempo che in Occidente i diritti umani sono estesi, non senza resistenze, anche alle donne. È un processo giovane. In Italia ad esempio le donne hanno diritto di voto dal 1946. Il diritto di famiglia che mette marito e moglie sullo stesso piano è del 1975. La legge che considera la violenza sessuale come delitto contro la persona è del 1996!
NewYork rappresenta dunque per una ragazza come Gio un luogo incantevole. La accolgono con un cocktail party in suo onore. Per l’occasione sfoggia un abito d’oro. Per una giovane europea un abito d’oro è un abito da principessa, un abito che sta nelle favole (Pelle d’asino, ad esempio). Invece a NewYork lo si compra per una cifra modesta ai Grandi Magazzini! NewYork è anche il teatro della scorribanda notturna e gioiosa con Richard: il ferry-boat, l’Empire State Building, la fiera, il croccante, le noccioline, RadioCity, …
Naturalmente come per ogni medaglia c’è il rovescio: NewYork è un sogno, ma anche un incubo. Con Fallaci molti di noi ammirano l’America, il lato A, ma c’è anche il lato B, cioè la malasorte dei perdenti e nel caso di Gio, la scoperta che Richard non è quello che sembra. Ma ne riparleremo più tardi.
Miti secolari cancellati con un tratto di penna
Penelope alla guerra è una storia d’amore. La quarta di copertina della prima edizione recita: «Sullo sfondo di una New York poetica e crudele, l’anno in cui i russi lanciano il primo sputnik (…), una donna e due uomini si incontrano, si amano, si distruggono». In meno di due righe l’anonimo estensore coglie gli elementi chiave di questo romanzo: dove, quando, cosa. Un amore a tre che distrugge i tre. Negli anni Sessanta nessun romanzo italiano racconta una storia d’amore in modo così libero da bigottismi e ruoli prefabbricati. Penelope alla guerra distrugge senza indugio, butta fuori dalla storia i luoghi comuni sulla verginità, sull’attesa come destino femminile, sul potere da conquistare comunque.
Anzitutto il mito della verginità
La vicenda della verginità ha tratti esilaranti. Dopo la gioiosa scorribanda notturna dentro NewYork, Richard e Gio finiscono a letto, non senza qualche strana resistenza che Gio nota appena. Per Gio è la prima volta. Se ne accorge anche Richard, che seduto sul letto piange:
«Oh, I am sorry, sorry, sorry!» (…) Poi si staccò rannicchiandosi dall’altra parte del letto, si coprì con le mani la faccia, si scosse in un gemito. Un gemito che presto divenne singhiozzo e poi pianto. Un pianto desolato, impotente: da bimbo che ha fatto qualcosa di male ma non sa bene perché e teme d’esser punito.
Gio lo lascia per tornare in albergo Si addormenta e si risveglia nel pomeriggio, ripensa a quanto è accaduto il giorno prima, passa in rassegna i vari avvenimenti finché le torna in mente il letto di Richard.
Cercò il dolore fisico che l’aveva disgustata e non lo trovò. Trovò solo una domanda angosciosa: “E ora che fo?”. «Ora nulla» disse a voce alta. «Fo il bagno.»
Perché la “domanda angosciosa”? Perché tutti ci dicono che il tesoro più grande che una donna custodisce è la verginità. Dice Martine:
Perché? Abbiamo un ventre e desideri: come gli uomini. Ma loro possono far ciò che vogliono appena nati e noi fino a sessant’anni ci sentiamo ripetere che la verginità è il capitale più prezioso che una donna possa portare ad un uomo. Perché?»
In ogni caso Gio cancella in due parole questo castello di carte «E ora che fo? Ora nulla, disse a voce alta, Fo il bagno», dove la declinazione toscana del verbo rende la battuta indimenticabile!
Poi il mito dell’attesa
Il luogo comune dell’attesa è ribaltato. Non è Gio a restare immobile nel suo ruolo, sono gli uomini a non reggere la complessità dell’amore. Le donne aspettano. Gio no, si fa avanti con sincerità e con decisione.La sincerità provoca la crisi maschile: non solo di Richard, ma anche di Bill, e da ultimo anche di Francesco a Roma.
Gio ha conosciuto Richard durante la guerra. Richard e Joseph arrivano a casa di Gio, che ha solo dodici anni. Sono prigionieri fuggiaschi da un campo di prigionia e la famiglia Fallaci li nasconde. Gio è affascinata da Richard. La guerra presto la divide da lui, anzi crede che sia morto. Ed ecco che Richard riappare a NewYork proprio al cocktail in onore di Gio. Le sfugge ancora ma lo ritrova ad una cena con Martine, il suo nuovo amico Bill e l’amico di questi. Indovinate chi è? beh, ovviamente Richard!
Questi è per Gio un’emozione mai dimenticata, sempre idealizzata, ovviamente pericolosissima perché tutte le figure ideali non hanno difetti. Richard invece di difetti ne ha. Di Gio innamorata ha paura, la desidera ma ne ha paura. Gio invece ne vede i limiti, ne vede le debolezze, ma non vuole rinunciare ad un sogno a lungo custodito in profondità e si fa avanti con decisione. Stringe Richard in una morsa che lo mette a disagio a tal punto che desidera morire. Il primo tentativo è durante la gita alle cascate del Niagara, e la volta successiva si avvelena davvero, salvandosi in extremis per l’intervento di Igor, lo psicanalista che lo cura. È soltanto alla fine, in un colloquio difficilissimo con Bill che Gio apprende della relazione tra Bill stesso e Richard. Bill è provocatorio.
Ma perché sei venuta a mettere scompiglio tra noi? Andava così bene prima che tu arrivassi con la tua dannata fierezza, il tuo dannato sorriso, i tuoi dannatissimi occhi!
Nessuna donna resiste a certe realtà, ecco tutto.
Ma Gio scompagina le carte ancora una volta. Gio è Gio, e soltanto Gio, è un individuo non un tipo. E la sua risposta non manifesta disgusto o un giudizio di condanna, ma rispetto per i sentimenti altrui.
Quanto alla certa realtà, il tuo amore per lui, mi importa assai meno di quel che tu creda. Ogni amore è lecito quando si tratta di autentico amore. Lo dico per te, per me, e per Florence. Lo direi anche per Richard se egli fosse capace di amare qualcuno. Ma lui riesce solo ad essere amato. E poiché lo amiamo, non ci resta che accettarlo com’è; e continuare ad amarlo.
Richard torna in città, la chiama e Gio va a casa sua, ma lui dorme ancora sotto l’effetto dei calmanti che Igor gli ha dato. Gio aspetta che si svegli. Poi com’era venuta senza fretta, senza fretta se ne va, per non tornare più.
Il terzo sconfitto di questa dolorosa storia d’amore è Bill, ritrova (forse) Richard, ma perde Gio, che gli piace. moltissimo: così questa storia d’amore oltre che dolorosa è un groviglio di sentimenti doppi, ambigui, complicati. Dice Bill.
Tu ritorni, Giò, col cervello ed il cuore sbranati da una ferita gravissima: ma gli altri lo ignorano perché nelle apparenze tu sei come prima. Lasciali in questa illusione. Non raccontare che sei cambiata, non raccontare la guerra che ti ha fatto cambiare. La tribù dove vivi non sa cosa farsene dei martiri e degli eroi. Essi vanno contro le regole, essi turbano la coscienza dei semplici, essi sono i pazzi in un mondo di savi.
Defilato, ma non meno importante è il ruolo di Francesco, innamorato di Gio, benché senza fortuna. Gio ferita dalla vicenda con Richard, decide di tornare da lui, a casa, in Italia, e pretende di raccontargli la storia che ha vissuto, un nodo così intricato che si può solo troncare di netto. Gio s’illude dell’efficacia del taglio netto
il racconto le fluì dalle labbra: completo, leale. Gli spiegò com’era successo e perché era successo. Gli confessò con minuzia l’odio amoroso che lei aveva avuto per Bill e Bill per lei, quel triplice amore a catena nel quale s’erano avvolti tutti e tre creando un nodo che si poteva sciogliere soltanto con la sua fuga: Richard che voleva lei e Bill, Bill che voleva lei e Richard, lei che alla fine voleva Richard e Bill. Ma ora, concluse, tutto questo era finito: perché lei voleva soltanto un uomo di nome Francesco.
Francesco però è sconcertato. Già avrebbe vissuto male la storia dell’amore con Richard, Ma la storia intricata e ambugua che coinvolge anche Bill, gli sembra addirittura “sordida”.
Ma perché hai voluto parlare? Perché vuoi essere sempre diversa dagli altri, ignorare le leggi degli altri, i limiti degli altri? Se tu mi avessi detto: non lo amavo nemmeno, quel Richard. Mi piaceva, ecco tutto, e così sono andata a letto con lui. Sarebbe stato già duro: però lo avrei sopportato. Ma questo, Giovanna! Questo!» «Avresti preferito saperti imbrogliato?» «Sì, lo avrei preferito. La vita è già dura senza chiarezza: figuriamoci poi con la chiarezza. Ah, la tua maledetta ossessione di voler chiarire a ogni costo ogni cosa!
Infine il mito del potere oscuro delle donne
Con Francesco il racconto di Gio è completo, leale. Ecco: è la lealtà, la chiarezza che Gio oppone alle manovre sottobanco più o meno furbe delle donne. E anche questo è possibile perché questa storia è ambientata nel XX secolo. Quando le donne non avevano un ruolo sociale autonomo e non avevano alcun potere, non potevano nemmeno agire direttamente, in proprio. La storia del mondo femminile in Occidente si stacca da quella del resto del mondo intorno al XIX secolo e comunque non in modo uniforme e comunque con un cammino faticoso e lungo. Perciò le donne si sono difese nei secoli influenzando i loro uomini, più o meno brillantemente, a seconda delle qualità personali e a seconda delle circostanze.
Ma una donna del XX secolo, una donna che ha capito in che secolo vive, disprezza questo modo d’agire: ha la possibilità, secondo Gio, di agire in proprio, non per interposta persona.
Chi invece si attarda nel comportamento premoderno è la madre di Richard, Florence, gelosa del figlio, egoista e insensata. La scena del ristorante merita di essere letta. Non la riporto qui, perché tanto avete capito di cosa si tratta. Solo una battuta.
«In Italia non esiste il divorzio, signora. E non esistono neppure le divorziate che campano sugli alimenti dell’ex marito. In tanto errore, quest’ultima è una pregevole virtù. Non le pare?»
«Ah, sì?» La voce di Florence era soave, molto soave. «Io ho divorziato due volte, cara. Una volta dal padre di Richard che poverino morì subito dopo. Un’altra volta dal mio secondo marito sui cui alimenti io vivo. Né giudico immorale campare sull’eredità o gli alimenti, mia cara. O mi sbaglio?»
E una parentesi. L’altra donna del racconto che usa gli alimenti del divorzio è Martine, ma è un altro pianeta rispetto a Florence, perché non ne ha bisogno, e soprattutto non è un’ipocrita.
NewYork: il LatoB
Il LatoB di NewYork, come vi ho già fatto notare, esiste. Si manifesta in vari luoghi del racconto ha sempre un peso rilevante. Per esempio l’episodio del Palladium, la prima sera di Gio con Richard. E anche il serrato confronto tra Igor e Gio sulla paura dello Sputnik. E ancora il dialogo surreale sui rifugi antiatomic durante un party. Un altro classico esempio di emarginazione sono gli homeless che circondano Gio mentre a piedi sta raggiungendo la casa di Richard dopo il tentato suicidio.
Il culmine di tutti questi discorsi è il racconto di Richard su cosa sia un uragano. Dopo la visita alle cascate, una gita inquietante, fuori stagione, in un luogo spettrale dove si manifesta la tremenda maestà del luogo e dove Richard ha pensato tutto il tempo a scomparire dentro quelle acque, dopo tutto questo Richard chiarisce a Gio cosa bisogna pensare per essere. veramente americani, e perché lei non lo è.
Non credi nemmeno nell’America: perché non credi nel business, nel conformismo, nella religione civile. Dell’America ti piace ciò che piace a me: la magia, la gloria, la follia.
Ma l’America sono i bravi cittadini che credono in dio, nel business, nell’automazione,Il miscredente ha una possibilità di ravvedimento proprio durante l’uragano, perché lì si manifesta la violenta natura del mondo nuovo e lì può essergli rivelata la forza della conformità generale.
In realtà qui Fallaci tocca un tema centrale non solo in questo romanzo, ma nell’intera sua opera. Dell’America Fallaci narra la libertà di cui godono gli individui, ma anche la loro solitudine soprattutto nei rovesci di fortuna; dell’America Fallaci narra la ricchezza, ma anche l’infelicità. L’indagine della scrittrice non trascura le contraddizioni: nella terra dei liberi (così cantano i loro inni) c’è la segregazione razziale. Nella società che si affida sempre di più all’automazione che sogna di viaggiare nello spazio – e viaggia veramente -, gli esser umani si allontanano dalla propria natura.
Fallaci, fiorentina, cresciuta con la venerazione della cultura classica che ha alimentato umanesimo e rinascimento, è conscia di questa frattura, ed è nella sua ammirazione per l’America, sostanzialmente un’europea conservatrice. Ma questo è un discorso che ci porta fuori da Penelope alla guerra e trova poi la sua espressione in altre importanti opere della maturità.
Che dire infine di Penelope? Questo personaggio non solo rifiuta lo stereotipo della donna che aspetta, ma ribalta il mito: non è lei a restare immobile nel suo ruolo, sono gli uomini a non reggere la complessità dell’amore. Per questo “Penelope non tesse più”: è un gesto di rottura, una rinuncia al gioco dei ruoli, e insieme una ricerca sull’amore. Un racconto che prende posizioni radicali, più di quel che si dice in giro.